Rito della pace nella Messa: “ripristinato”, ma senza stretta di mano
Scritto da Valeria De Simone il 28 Gennaio 2021
Rito della pace nella Messa: no ad abbracci e strette di mano
Sarà “ripristinato” a partire da domenica 14 febbraio il rito della pace nella Messa, sospeso dallo scorso marzo nel rispetto delle misure precauzionali previste per il contenimento del contagio del virus.
È quanto emerso dall’ultima sessione del Consiglio episcopale permanente. «Non apparendo opportuno nel contesto liturgico sostituire la stretta di mano o l’abbraccio con il toccarsi con i gomiti, in questo tempo può essere sufficiente e più significativo – hanno fatto presente i vescovi – guardarsi negli occhi e augurarsi il dono della pace, accompagnandolo con un semplice inchino del capo».
All’invito “Scambiatevi il dono della pace”, rende ancora noto la Cei – «volgere gli occhi per intercettare quelli del vicino e accennare un inchino può esprimere in modo eloquente, sicuro e sensibile, la ricerca del volto dell’altro, per accogliere e scambiare il dono della pace, fondamento di ogni fraternità. Là dove necessario, si potrà ribadire che non è possibile darsi la mano e che il guardarsi e prendere contatto visivo con il proprio vicino, augurando: “La pace sia con te”, può essere un modo sobrio ed efficace per recuperare un gesto rituale».
Cei: tendere la mano al prossimo
Non solo il rito della pace nella Messa. Diverse le tematiche affrontate durante la sessione invernale Consiglio episcopale permanente: dalla necessità di colmare la frattura sanitaria, al vaccino («gesto di amore per se stessi e per gli altri»), dal calo demografico all’educazione dei giovani («le parrocchie, gli oratori possano tornare il prima possibile a svolgere la loro funzione di contesti di crescita»).
Anche in questa occasione, poi, i vescovi hanno ribadito la necessità di far fronte alle molteplici povertà: «a quelle degli ultimi, che la pandemia ha reso in molti casi invisibili, a quelle di tanti che, per la prima volta, sono costretti a bussare alle porte delle Caritas, che in questi mesi hanno moltiplicato gli sforzi per non lasciare indietro nessuno, a quelle di un numero sempre crescente di famiglie e imprese strette nella morsa dell’usura a causa del sovraindebitamento, a quelle dei migranti che – nell’indifferenza e nel silenzio – continuano ad arrivare sulle nostre coste o sono bloccati sulla frontiera balcanica, al gelo e in condizioni disumane».
«La paura – questo l’invito dei vescovi – non deve infatti farci rinchiudere in noi stessi né impedirci di tendere la mano al prossimo, se si vuole costruire una società più equa e più solidale».