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La preparazione dei cristiani per la Pasqua di vera Resurrezione

Scritto da il 13/04/2022

Pasqua di vera Resurrezione: a RaccontACI ascoltiamo don Eugenio Bruno, Assistente diocesano dell’AC di Roma e del Settore Giovani

La Pasqua che vivremo tra pochi giorni rappresenta per i cristiani una solennità importante anche grazie ai significati che porta con sé. Roberta Zoppo ne ha parlato con Don Eugenio Bruno, assistente diocesano dell’AC di Roma e del Settore Giovani della stessa associazione. Vedremo cosa significa per il cristiano vivere la Pasqua, le situazioni di morte spirituale nel quotidiano e il significato assunto dalla Resurrezione in una Pasqua caratterizzata per il terzo anno consecutivo da un evento che ci ha sconvolto.

Vivere la Pasqua da cristiani

I cristiani vivono nella Pasqua la loro identità perché “se ad un cristiano togli la Pasqua”, esordisce Don Eugenio Bruno, “significa che gli togli tutto ciò che ha per vivere”, perché se la fede è vana vuol dire che Cristo non è risorto, come già diceva San Paolo. Vivere la Pasqua vuol dire “credere che Cristo è risorto”, evento che è accaduto storicamente, ma volendo scendere più in profondità “significa credere che la storia ha un senso”, continua Don Bruno, ovvero che “camminiamo verso la vita” e non “verso la morte”. Anche noi siamo risorti con Cristo e viviamo la vita da risorti. Don Tonino Bello ha asserito che per il cristiano buio e morte hanno i tempi contati, da mezzogiorno alle tre del pomeriggio come presente nel Vangelo. “La morte ha i paletti e non può scavarli”, neanche dinnanzi a tutte le brutture che vediamo perché “quel momento Dio lo ha limitato”. Nel piano formativo dell’AC è scritto che nella vita piena condotta da Gesù Dio ci ha messo la firma rappresentata dalla Pasqua.

La morte spirituale nel quotidiano

Don Eugenio Bruno inizia precisando che “per il cristiano spirituale è tutto ciò che vive” alla luce della pienezza donata da Dio: tutta la vita quindi “può essere esposta alla morte e può essere esposta alla luce, all’amore”. Le nostre fragilità, intese nell’accezione più ampia del termine, possono essere “una memoria della morte”, però mentre alcune situazioni sono insite nella natura umana (basti pensare all’invecchiare), in altri casi ci esponiamo alla morte. Difatti non siamo insensibili alle tentazioni “del nemico di Dio” che ci prospetta una “via più comoda”, lasciandoci però una sensazione di vuoto. Gli spazi entro cui ci muoviamo “sono quelli del vivere”, della famiglia, dei rapporti umani e di lavoro, sui valori fondanti la nostra vita. Per Don Eugenio Bruno “in tutti gli ambiti si può scegliere di vivere sotto l’ombra della morte oppure da risorti, sotto la luce di Dio”.

La Resurrezione nella terza Pasqua “diversa” consecutiva

Stiamo apprestandoci a vivere per il terzo anno consecutivo una Pasqua caratterizzata da un evento che ha sconvolto le nostre vite, e “stiamo toccando che la vita è veramente un dramma, a volte”. Secondo Don Bruno “stiamo raccogliendo i frutti amari di scelte che abbiamo fatto tanti anni fa”, fondando “la nostra esistenza su chi arriva prima”, sulla lotta “me contro te, noi contro voi” ed ora la vita ci ha presentato il conto. Egli spiega poi il senso di questo alla luce della liturgia della Triade: l’intimità del Giovedì Santo “toccata in maniera profonda dal no di Giuda”, il “grido di Gesù in croce” il Venerdì Santo, “il grande silenzio del Sabato Santo, che ci aiutano “a stare nel dolore che stiamo sperimentando”. Abbiamo ancora negli occhi la scena del 27 marzo 2020, ad inizio pandemia, del “Papa che sale da solo, in piazza San Pietro, verso il Signore, verso la croce”: in quel momento abbiamo scoperto che tutta l’umanità è sotto la croce. La veglia pasquale può donarci un significato importante, dato dal gesto del passarsi la luce ad un vicino ad un altro nella chiesa buia, fino a far diradare “con questo gesto semplice” lentamente “il buio della notte”, e “tutto nasce dal cero pasquale”. Tale gesto è anche la “condivisione dei doni che ognuno ha ricevuto”, ma “nel buio del mondo che stiamo vivendo” il passarsi la luce “può dare un senso anche alle nostre piccole scelte”. Don Bruno conclude dicendo che “noi possiamo decidere, nel buio del mondo, di essere ancora coloro che testimoniano la luce e che hanno il coraggio di condividerla. Perché a partire dal Signore tutti noi possiamo essere una chiesa risorta”, di una “umanità che cammina diversamente”. Questo ci fa ancora parlare di speranza.


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